L’oro bianco non esiste in natura ma è il risultato di oro giallo mescolato a varie leghe.
Le leghe servono, in parole povere, ad aumentare la durezza, e quindi la resistenza, che i metalli puri da soli non possiedono; la scelta del legante è dettata unicamente dal risultato che si vuole ottenere in termini di colore.
In Italia il titolo della gioielleria è, normalmente, 750 millesimi (18 kt), il che vuol dire che le restanti 250 parti sono formate da altri metalli (di solito argento e rame) che, combinati in percentuali diverse, conferiscono un diverso colore alla lega.
Per quanto riguarda l’ “oro bianco”, una volta veniva utilizzata la lega Au-Ag (oro-argento), che però ha basse proprietà meccaniche, si è così passati alle leghe Au-Pt (oro-platino) e Au-Pd (oro-palladio), che però hanno un costo decisamente più elevato, e a quelle Au-Ni (oro-nichel), in questo caso però si è scoperta la tossicità del nichel per cui è in vigore dal 2001 una legge che ne determina le modalità di utilizzo.
Attenzione anche al discorso della rodiatura. Certe leghe non riescono a dare un “bianco pulito”, chiamiamolo così, e quindi l’oggetto viene rodiato per venire incontro alle aspettative del cliente, l’unico problema è che, con il tempo, la rodiatura si consuma e questo può diventare un problema, soprattutto se si è rodiato un oggetto in oro giallo.
La rodiatura infatti è un trattamento superficiale e viene usato, appunto, per dare brillantezza all’oro bianco. L’oro e l’argento vengono rivestiti da un sottile strato di rodio. Avviene così: l’oggetto da rodiare viene immerso per 30 secondi in una soluzione sgrassante, quindi senza toccarlo con le mani si sciacqua con acqua corrente e successivamente con acqua distillata. La fase successiva vede l’immersione per 60 secondi nel rodio, risciacquo con acqua corrente e immersione in alcool.
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